ROMA – Questa mattina, alle 7:35, Papa Francesco è tornato alla casa del Padre. Il mondo si è svegliato più vuoto, più silenzioso, come se il respiro stesso della terra avesse rallentato per un istante infinito. A darne l’annuncio è stato il cardinale Kevin Farrell, con una voce spezzata che subito è rimbalzata in ogni angolo del pianeta: “Con profondo dolore devo annunciare la morte di nostro Santo Padre Francesco…”. Non solo il Vescovo di Roma. Non solo il primo Papa gesuita e latinoamericano. Ma un volto, una voce, una carezza che hanno segnato un’epoca.
Jorge Mario Bergoglio aveva 88 anni. Nato il 17 dicembre 1936 a Buenos Aires, in Argentina, è stato il 266esimo Papa della Chiesa cattolica e il primo proveniente dal continente americano. Una vita che sembra una parabola, partita dalla polvere di Buenos Aires, passata per le aule scolastiche dove insegnava filosofia e letteratura, fino alla sedia di Pietro.
Bergoglio, dopo essersi diplomato come tecnico chimico, sceglie la strada del sacerdozio e, nel 1958, entra nella Compagnia di Gesù. Nel 1963 si laurea in filosofia al collegio San Giuseppe a San Miguel, in Argentina, e mentre insegna letteratura e psicologia in un collegio di Buenos Aires si laurea anche in Teologia. L’ordinazione a sacerdote arriva nel 1969, poi viene nominato vescovo di Auca da Giovanni Paolo II. Nel 1998 diventa arcivescovo di Buenos Aires e il 21 febbraio 2001 Giovanni Paolo II lo crea cardinale. Dopo la rinuncia di Papa Benedetto XVI, nel marzo del 2013, Jorge Mario Bergoglio partecipa al conclave nel quale, dopo cinque scrutini, viene eletto Sommo Pontefice.
Una vita che, fino all’ultimo, ha camminato dalla parte degli ultimi, caricandosi sulle spalle le contraddizioni di un mondo ferito.
Il Papa che aveva scelto di chiamarsi Francesco
Bergoglio è stato un Papa dei primati: il primo gesuita a salire al soglio di Pietro e il primo Pontefice proveniente dal continente americano. La scelta del nome Francesco, compiuta subito dopo l’elezione, voleva esprimere il desiderio di seguire l’esempio del santo di Assisi, incarnando una Chiesa più semplice, vicina ai poveri e alla terra.
Durante il suo pontificato, non sono mancati i momenti di svolta. Celebre rimane la sua risposta ai giornalisti, nel luglio 2013, durante il volo di ritorno dal Brasile: incalzato sul tema dell’omosessualità, Papa Francesco affermò con disarmante semplicità: “Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?”. Una frase destinata a segnare un cambiamento profondo nel linguaggio della Chiesa.
Nei Sinodi del 2015 e 2016, Francesco spinse per un’apertura ulteriore, riammettendo ai sacramenti i divorziati risposati e chiedendo maggiore attenzione verso le unioni civili, le coppie di fatto e le persone omosessuali, per le quali invocò “rispetto e accoglienza”.
Tra i momenti più significativi del suo pontificato c’è anche la proclamazione di un Giubileo straordinario dedicato alla misericordia, indetto l’11 aprile 2015 e celebrato dall’8 dicembre 2015 al 20 novembre 2016. Un evento pensato per rimettere al centro il cuore più profondo del messaggio evangelico: il perdono e la compassione.
Sempre nel 2016, Francesco compì un gesto destinato a entrare nella storia: di ritorno da Lesbo, isola greca simbolo della crisi dei migranti, portò con sé a Roma dodici rifugiati musulmani, testimoniando con i fatti la solidarietà che predicava.
Nel corso degli anni, Bergoglio ha avviato importanti riforme interne: dalla riorganizzazione della Curia alla revisione dello IOR, fino alla modernizzazione del codice penale vaticano. Ha lavorato anche per la distensione dei rapporti diplomatici con la Cina, uno dei dossier più delicati della geopolitica vaticana.
Molteplici i suoi appelli contro il cambiamento climatico, tema al quale dedicò particolare attenzione nel corso del pontificato. Un altro traguardo cruciale è arrivato nel 2023, quando, dopo anni di consultazioni con gli episcopati e i dicasteri della Curia romana, ha promulgato nuove procedure per prevenire e combattere il fenomeno degli abusi sessuali nella Chiesa cattolica.
Infine, il 14 giugno 2024, Papa Francesco ha segnato un ulteriore primato, partecipando al G7 in Puglia: per la prima volta un Pontefice sedeva accanto ai leader delle maggiori potenze mondiali, portando la voce della Chiesa nel cuore delle grandi sfide globali.
Il Papa del Covid
Durante l’emergenza Coronavirus, l’immagine di Papa Francesco che percorreva a piedi un tratto deserto di via del Corso a Roma, vuota per le restrizioni sanitarie, è diventata uno dei simboli più potenti di quel tempo sospeso. In quella giornata drammatica, il Pontefice si era recato in preghiera a due luoghi particolarmente cari alla tradizione romana: la basilica di Santa Maria Maggiore e la chiesa di San Marcello al Corso.
In quei mesi difficili, Bergoglio aveva più volte evocato la necessità di un “miracolo” e aveva pregato per la guarigione dei malati, esortando tutti a non disperdere il significato profondo di quel momento storico. “Non sprecate questi giorni difficili, ritroviamo vicinanza”, aveva detto in un’intervista nei giorni più bui della pandemia italiana. Con parole semplici ma incisive, aveva confidato di aver pregato il Signore affinché fermasse l’epidemia.
Il suo impegno non si era fermato alla sola preghiera. Durante la campagna vaccinale contro il Covid-19, Papa Francesco aveva lanciato un appello forte alla responsabilità collettiva, definendo il gesto del vaccinarsi “un atto di amore” e invitando tutti alla collaborazione per proteggere sé stessi e gli altri.
Il Giubileo della Speranza
Il 25 dicembre 2025 Papa Francesco apre solennemente la Porta Santa della basilica di San Pietro, dando ufficialmente inizio al Giubileo della Speranza. In quell’occasione, rivolgendosi ai fedeli, afferma: “Con l’apertura della Porta Santa abbiamo dato inizio a un nuovo Giubileo: ciascuno di noi può entrare nel mistero di questo annuncio di grazia”.
In linea con il suo pontificato attento agli ultimi e ai dimenticati, Francesco sceglie poi di aprire una seconda Porta Santa in un luogo altamente simbolico: il carcere di Rebibbia, rinnovando il messaggio di misericordia e di speranza anche per chi vive ai margini della società.
La lunga battaglia con la salute
Negli ultimi anni, Papa Francesco ha dovuto affrontare diverse prove sul piano della salute. Nel 2021 si era sottoposto a un intervento chirurgico programmato per una stenosi diverticolare sintomatica del colon. Successivamente, a marzo 2023, era stato ricoverato per un’infezione respiratoria, mentre a giugno dello stesso anno aveva fatto ritorno al Policlinico Gemelli per un’operazione di laparotomia e di plastica della parete addominale con l’applicazione di una protesi: l’intervento si era concluso positivamente e il Pontefice era stato dimesso il 16 giugno.
Nuove difficoltà erano emerse il 14 febbraio 2024, quando Bergoglio era stato nuovamente ricoverato a causa dell’aggravarsi di una bronchite e dell’insorgere di un’infezione polimicrobica alle vie respiratorie. Dopo un periodo di cura, il 23 marzo era stato dimesso dal Gemelli. Durante le settimane di convalescenza aveva progressivamente ridotto i propri impegni pubblici.
Nonostante la fragilità fisica, ieri, nella domenica di Pasqua, Papa Francesco ha incontrato a Santa Marta il vicepresidente degli Stati Uniti, Vance. Successivamente si è affacciato dalla Loggia delle Benedizioni per il tradizionale messaggio Urbi et Orbi. Con voce stanca, ha pronunciato poche parole: “Cari fratelli e sorelle, Buona Pasqua. Incarico il Maestro delle Cerimonie di leggere il messaggio”, affidando la lettura a monsignor Diego Ravelli. Al termine, nonostante le condizioni di salute, ha voluto compiere un breve giro tra i fedeli in papamobile, regalando ancora una volta un gesto di vicinanza e affetto.
Un’eredità più forte delle parole
La morte di Papa Francesco chiude una stagione che ha segnato profondamente il cammino della Chiesa cattolica e della società intera. Il suo pontificato ha rappresentato un cambio di passo, non tanto attraverso rivoluzioni clamorose, quanto per la forza dei gesti, per il linguaggio nuovo e per il costante richiamo all’essenza del messaggio cristiano.
Francesco ha rimesso al centro l’idea di una Chiesa vicina agli ultimi, capace di accogliere prima di giudicare, di ascoltare prima di condannare. Ha scelto di parlare a tutti, credenti e non credenti, riportando con forza l’attenzione sulla dignità della persona, sulla tutela del creato, sulla necessità di abbattere ogni forma di esclusione.
Con semplicità e determinazione, ha compiuto scelte che resteranno nella memoria collettiva: l’apertura ai divorziati risposati, l’invito al rispetto per le persone omosessuali, l’impegno nella riforma delle strutture vaticane, la lotta alla piaga degli abusi nella Chiesa. Con la promulgazione delle nuove procedure contro gli abusi, dopo anni di lavoro, Francesco ha tracciato un solco netto rispetto al passato.
Ha saputo parlare ai potenti e ai più deboli con lo stesso tono di franchezza. Storica, in questo senso, la sua partecipazione al G7 in Puglia nel 2024, prima volta assoluta per un Pontefice, segno della crescente attenzione al ruolo della Chiesa nei grandi temi globali.
Ma forse il tratto che più resterà di Papa Francesco è l’immagine di un pontificato che ha saputo combinare fermezza e tenerezza, dottrina e misericordia, autorità e vicinanza.
La sua eredità è quella di una Chiesa che ha scelto di camminare insieme all’umanità ferita, senza arroccarsi, senza paura. Un’eredità che continuerà a interrogare e ispirare le generazioni future.