Oggi come ieri: il 25 Aprile non è una ricorrenza, è una scelta

EDITORIALE – Ogni 25 aprile celebriamo la Liberazione dell’Italia dal nazifascismo. È una data scolpita nella memoria collettiva del nostro Paese, spesso evocata con immagini e racconti che sembrano lontani, quasi scoloriti dal tempo. Ma qui, nella provincia di Latina, quella memoria ha radici profonde e volti ben riconoscibili.

La nostra terra, estesa tra il mare e le colline, ha vissuto la Seconda Guerra Mondiale in modo diretto, spesso lacerante. Mentre a nord si combatteva sulle montagne tra partigiani e repubblichini, il sud del Lazio – e in particolare il sud pontino – diventava teatro di uno dei fronti più sanguinosi del conflitto: la Linea Gustav.

La Linea Gustav era una delle principali linee difensive tedesche in Italia, che tagliava in due la penisola da Minturno e Formia fino all’Adriatico, passando per Cassino. Nelle nostre città – Minturno, Spigno Saturnia, Castelforte, Formia, Gaeta – le truppe alleate si fermarono a lungo, e qui si combatterono alcune delle battaglie più dure della campagna d’Italia. In molte zone i segni dei bombardamenti sono ancora visibili, e ogni famiglia conserva nella memoria racconti di rifugi scavati nei campi, case distrutte, famiglie spezzate.

Ma non fu solo guerra tra eserciti. Fu anche resistenza civile. Nelle retrovie della Gustav, ci furono donne e uomini che rischiarono la vita per salvare prigionieri alleati fuggiti, per sottrarre viveri ai rastrellamenti, per custodire dignità in mezzo al fango e alla paura.

C’è un’altra verità che dobbiamo affrontare, specie in questa giornata. La provincia di Latina è una delle poche in Italia nate sotto il fascismo. La stessa città di Latina fu fondata nel 1932 con il nome di Littoria, progettata come simbolo del regime. Le architetture razionaliste, i nomi delle vie, il culto della bonifica integrale e della “redenzione della palude” – tutto era parte di un’operazione di propaganda politica e ideologica.

Questa eredità ancora oggi crea ambiguità nel racconto pubblico. Latina ha a lungo faticato a fare i conti con il suo passato, e forse ancora oggi lo fa. Per anni il 25 aprile è stato celebrato in tono minore, in certi casi con imbarazzo. Ma la memoria non può essere parziale, né selettiva. È proprio dove il fascismo ha messo radici più profonde che la cultura democratica deve fiorire con più consapevolezza.

A differenza di altri territori dove la lotta partigiana si è espressa in modo organizzato e armato, nel nostro territorio la Resistenza ha preso forme diverse: una resistenza di contadini, di sfollati, di donne che proteggevano bambini e disertori, di parroci che nascondevano gli ebrei nei conventi. È anche questa la Resistenza. Quella che non fa notizia, ma costruisce la libertà un giorno alla volta.

Tra il 1943 e il 1944, le frazioni montane di Sezze, Lenola, Roccasecca dei Volsci, Prossedi e Sonnino furono rifugio per migliaia di persone in fuga. Sono luoghi che hanno visto la fame, le rappresaglie, la disperazione, ma anche gesti di straordinaria solidarietà. Di quella umanità che non si piega, neanche sotto le bombe.

Oggi più che mai, il 25 aprile deve parlare ai giovani. A quelli che non hanno conosciuto la guerra, ma crescono in un tempo di nuove minacce: disinformazione, razzismo, revisionismo, ritorni mascherati di ideologie autoritarie. E proprio perché non abbiamo trincee davanti, è ancora più facile dimenticare.

Nelle scuole della provincia, ci sono studenti che non conoscono la storia della Linea Gustav, che non hanno mai sentito parlare del “Triangolo di Fuoco” tra Spigno, Ausonia e Castelforte. Eppure, sono cresciuti a pochi chilometri da lì.

La Liberazione non deve essere un capitolo chiuso nei libri di storia. È un processo continuo. E per chi vive in una terra segnata dalle bonifiche, dalle migrazioni interne, dai conflitti ideologici e dalle rinascite civili, il 25 aprile deve essere anche occasione per guardarsi allo specchio e decidere da che parte stare. Sempre.

Perché, come scriveva Calamandrei, “la libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare”. E in tempi in cui la tensione politica si alza, in cui si moltiplicano episodi di intolleranza e revisionismo, il compito della memoria è ancora più urgente.

Che il 25 aprile non sia solo una giornata di bandiere e discorsi ufficiali. Che diventi, anche nella provincia di Latina, un momento di rinnovato impegno collettivo. Perché la Resistenza non è mai finita. Cambia solo forma. E ha ancora bisogno di noi.