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Formia / Poseidon, imbarazzante silenzio del Comune

FORMIA – L’abuso d’ufficio non è più reato contemplato dal Codice penale, l’omissione lo è tuttora e la direzione regionale del demanio lo sta ricordando da tempo al comune di Formia. Il pomo della discordia è rappresentato da una struttura, il lido “Poseidon”, che nel corso degli ottanta fu realizzato per diversificare e rilanciare l’immagine turistica e ricettiva del litorale di Vindicio. Gli interventi edificatori non furono completamente legittimi tant’è che la proprietà, riconducibile allora come ora alla famiglia Di Russo, dovette chiedere di beneficiare dell’ombrello protettivo di una concessione in sanatoria, la numero 26 del 10 luglio 2020. L’Agenzia del demanio ora ha chiesto al comune di Formia (e più precisamente all’ufficio demanio e al settore urbanistica) di compiere un aggiornamento sulla situazione tecnico-amministrativa del “Poseidon” semplicemente finito nel mirino quasi per caso nell’ambito di un’attività di vigilanza a campione promossa dalla direzione regionale dell’agenzia del demanio sulle concessioni demaniali marittimi insistenti sul territorio della provincia di Latina.

Il Sopralluogo fu eseguito il 5 settembre 2023 insieme alla Guardia di Costiera e al comune di Formia che, a distanza, di un anno e mezzo è stato invitato con una serie di diffide, sembrerebbe rimaste inevase, ad illustrare il suo orientamento sul futuro gestionale di quello che all’epoca fu definito dalle associazioni ambientaliste un ecomostro in riva al mare. Ora il comune, quale ente titolare delle funzioni amministrative in materia di demanio marittimo, è stato invitato a più riprese ad operare due verifiche che fanno rumore perché il “Poseidon” è finito nella disponibilità di una consigliera comunale di primissimo piano della maggioranza Taddeo, Valentina Di Russo. Il responsabile dell’area “Governo del patrimonio” dell’agenzia del Demanio Michele Baronti chiede di valutare “la sussistenza di eventuali violazioni previste dall’articolo 47 del Codice della navigazione” per dare avvio semmai alla proceduta di decadenza della concessione demaniale marittima. Si tratta, quest’ultima, di una richiesta pesantissima che vede il comune di Formia in una situazione di imbarazzante omissione.

Il motivo? Lo prevede la concessione edilizia in sanatoria numero 26 del 10 luglio 2020 rilasciata alla ditta “Liberace Piera eredi Di Russo Bruno”: “E’ stato espressamente indicato che i lavori inerenti alle prescrizioni per il rilascio del titolo dovevano essere intrapresi ed ultimati entro e non oltre 24 mesi dalla data di rilascio della sanatoria ….’La mancata realizzazione delle opere in assolvimento alle citate prescrizioni entro il termine innanzi fissato comporterà la decadenza immediata della concessione edilizia in sanatoria”. Secondo L’agenzia del demanio il comune di Formia sono circa tre anni che non starebbe svolgento compiutamente un’azione di vigilanza su quello che è stato il “Poseidon” in quanto la “regolarità edilizia unitamente a quella urbanistica e al titolo demaniale sono elementi necessari ed indispensabili per il corretto utilizzo dei beni ricadenti sulle aree demaniali marittimi”. Da qui una terza richiesta inviata all’assessorato all’urbanistica e all’ufficio demanio del comune di Formia, quella di verificare, in base alle disposizioni del Dpr 380/2001 e all’articolo 21 della legge regionale 15/2008, la sussistenza di eventuali violazioni sotto il profilo urbanistico-edilizio anche provvedendo alla misurazione delle superfici e delle volumetrie realizzate su un’area demaniale e di adottare, ove necessario, i conseguenti provvedimenti sanzionatori”. E se quest’ultimi stavano per essere adottati dall’ex dirigente del settore Urbanistica del Comune Pietro D’Angelo al punto che misteriosamente negli ultimi mesi è stato trasferito alla guida del più accomodante settore Ambiente del comune?

L’interessato su questo intricante punto non ha voluto rilasciare alcuna dichiarazione. Un fatto è certo. Il giorno che l’agenzia del Demanio visionò il Poseidon ottenne dal comune la documentazione amministrativa richiesta (compresi i canoni demaniali versati dal privato negli ultimi anni) ma il sopralluogo non fu una passeggiata di salute. Nel senso che l’area “risultò accessibile soltanto via mare ed interdetta via terra. Si trovava in completo stato di abbandono e perimetrata con pannelli metallici modulari ancorati su pese in cemento poggiati a terra al fine di non consentire l’accesso alle persone non autorizzate a tutela della pubblica sicurezza.”. In sintesi gli agenti del Demanio dovettero accontentarsi di eseguire “semplici rilievi fotografici” al termine dei quali fu constatata la presenza, sull’area oggetto di concessioni, di sovrastanti strutture consistenti in uno scheletro di una struttura metallica intelaiata a forma irregolare completamente aperta su tutti i lati in completo stato di abbandono: camminamenti del compendio sulla quale insistono una piscina a forma rettangolare attualmente in stato di abbandono, ubicata in posizione pressoché centrale; un manufatto a forma rettangolare adibito a spogliatoio/cabine e sala pompe, poste sul lato destro fronte mare, insistente sull’area pavimentata; zona adibita a piscinetta accessibile dell’area pavimentata e situata sul lato destro fronte mare, a confine con la pineta e la viabilità pubblica e infine, una scala di sei pedate con accesso diretto al mare realizzata in muratura, ubicata centralmente a ridosso dell’area pavimentata a confine con la scogliera”.

Il dottor Baronti le sue riserve le ha inviate anche alla Capitaneria di porto di Gaeta, alla Guardia Costiera di Formia, al Provveditorato interregionale per il Lazio, l’Abruzzo e la Sardegna e, per conoscenza, alla regione Lazio. E non mancando di rilevare la mancanza, nel voluminoso carteggio tecnico amministrativo del “Poseidon”, di alcuni documenti importanti (l’autorizzazione paesaggistica prevista dall’articolo 146 del decreto legislativo 42/2004 e del modello D1 previsto dall’articolo 11 dell’atto concessorio numero 32 rilasciato dalla Capitaneria di porto nel lontano 2 aprile 2003), il dottor Baronti conclude il suo ennesimo richiamo al Comune di Formia rilevando come la summenzionata struttura metallica “non rientra tra le opere assentite dal titolo concessorio numero 32/2003. Il bene demaniale al momento del sopralluogo (come ora) era inutilizzato e sembrava non esserlo da lungo tempo”. Tra i silenzi, più o meno pilotati, del comune di Formia.