LATINA – Quella che sembrava una lunga e difficile battaglia legale si è finalmente conclusa con una vittoria inaspettata, ma decisamente meritata. Una cittadina ucraina che vive e lavora in Italia da quasi 35 anni ha avuto la sua richiesta di cittadinanza italiana accolta, dopo un ricorso legale contro il diniego del Ministero dell’Interno. La sua storia è quella di una determinazione incrollabile, supportata dalla competenza dell’avvocato Angela Codastefano, che ha saputo trasformare un’ingiustizia in una vittoria legale.
La vicenda inizia nel 2019, quando la donna ha deciso di fare domanda per il riconoscimento della cittadinanza per naturalizzazione. Preparò tutta la documentazione richiesta, presentò la domanda con fiducia e si aspettava una risposta positiva. Ma la risposta del Ministero dell’Interno fu un secco diniego, motivato da una serie di precedenti penali del marito. L’uomo, infatti, nel 1999 era stato coinvolto in un incidente in cui un suo collega perse la vita. Nel 2001, l’uomo era stato riconosciuto colpevole di omicidio colposo. Ma non solo: a pesare ulteriormente sulla decisione del Ministero c’erano anche un furto del 1996 e una segnalazione per una possibile espulsione risalente al 1995. Per l’amministrazione, questi eventi lontani nel tempo costituivano un ostacolo insormontabile per il riconoscimento della cittadinanza alla donna.
Ma la storia non finisce qui, perché l’avvocato Codastefano ha deciso di portare il caso davanti al Tar. Un’azione legale che si è rivelata fondamentale per ristabilire giustizia. Il Tar ha infatti annullato il diniego del Ministero, sottolineando l’assenza di una motivazione adeguata alla base della decisione. I giudici hanno dichiarato che, pur riconoscendo al Ministero una certa discrezionalità nel processo di concessione della cittadinanza, la decisione doveva essere accompagnata da motivazioni chiare e ragionevoli, soprattutto quando si tratta di un atto tanto delicato e fondamentale come l’inserimento di un individuo nella comunità nazionale.
Il Tar ha evidenziato come il potere discrezionale del Ministero non dovesse trasformarsi in arbitrio. Le motivazioni presentate erano infatti troppo lontane nel tempo per giustificare il diniego della cittadinanza, e i fatti non apparivano in alcun modo attuali o sufficientemente rilevanti per pregiudicare la richiesta della donna. Questo ha aperto la strada per una sentenza che ha riconosciuto finalmente i diritti della cittadina ucraina.