LATINA – È terminata l’indagine per diffamazione a carico di due persone, un uomo e una donna, accusati di aver oltrepassato ogni limite su Facebook con commenti pesanti, infamanti e gratuiti contro Matilde Celentano, sindaca di Latina. La Procura ha chiuso questa prima fase d’inchiesta: adesso i due indagati potranno presentare le loro memorie difensive, chiedere di essere interrogati o attendere un possibile rinvio a giudizio. Ma il punto, forse, va oltre la vicenda giudiziaria.
Questa storia non parla solo di diffamazione a mezzo stampa o social, ma del confine — sempre più labile — tra critica e offesa, tra dissenso e violenza verbale. Perché dire a una donna «Ti sei rifatta tutta» o insinuare che i suoi lineamenti modificati siano il frutto di una vana ricerca estetica, non è critica politica. È semplice cattiveria.
E il caso di Matilde Celentano, sindaca e donna, lo dimostra. Per lei il 2024 è stato un anno delicato, segnato non solo dall’impegno amministrativo, ma anche da una sfida personale di cui ha scelto di parlare a viso aperto. «Ho avuto un tumore. Ora sto bene», ha dichiarato il 31 luglio scorso, durante il Consiglio comunale, svelando a tutta la città la sua verità, quella che i “leoni da tastiera” non potevano vedere dietro il filtro di una foto: tre mesi di cortisone, non botox. Malattia, non vanità.
Eppure, gli haters non si sono fermati. Anzi, hanno rincarato la dose, passando dalle insinuazioni sugli interventi estetici alle accuse generiche di “politica magna magna”. Una spirale di cattiverie che non ha lasciato scelta: denunciare. Perché difendersi non è solo un diritto, è un atto di dignità.
«Mi riservo di adire le vie legali», ha spiegato la sindaca in una nota a ottobre, stanca di un attacco che poco aveva a che fare con il suo ruolo pubblico. Giudicata non per le sue decisioni politiche, ma per il suo volto, per il suo corpo. E quante donne, anche lontane dalla politica, si sono ritrovate in quelle parole? Quante, nella vita di tutti i giorni, devono fare i conti con sguardi e commenti che mettono in discussione il loro aspetto, la loro scelta di mostrarsi “come vogliono” o “come devono” per affrontare un momento difficile?
C’è un insegnamento forte nella scelta di Matilde Celentano di denunciare. È un messaggio di resistenza e di consapevolezza. Non si tratta solo di chiedere giustizia per sé stessa, ma di tracciare un limite invalicabile: la politica è confronto, la vita personale è sacra.
Le indagini sono concluse, ora la giustizia farà il suo corso. Ma qualcosa di importante è già accaduto. Una donna ha parlato, si è esposta, ha raccontato la sua vulnerabilità e la sua forza, dimostrando che non c’è odio che possa far tacere chi sceglie di difendersi con coraggio. E questo, al di là delle aule di tribunale, resta un insegnamento per tutti noi.