LATINA – I giudici del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio hanno respinto la richiesta di sospensione del provvedimento con cui il Ministero dell’Interno ha revocato il programma speciale di protezione a Maurizio Zuppardo, ex collaboratore di giustizia di Latina. La decisione è legata ai suoi atteggiamenti provocatori durante le udienze, ma soprattutto al suo comportamento sui social network, dove ha esposto il proprio volto in dirette su TikTok, rivelando anche dettagli utili alla localizzazione del suo domicilio sotto copertura.
Il collegio dei giudici della sezione Prima Ter ha ritenuto non sussistenti i presupposti per accogliere la domanda cautelare di Zuppardo e ha confermato il provvedimento adottato dalla Commissione Centrale durante la riunione del 25 settembre scorso. L’ordinanza del Tar, pubblicata il 28 gennaio, ha inoltre condannato Zuppardo al pagamento delle spese processuali, pari a mille euro.
Violazioni ripetute e comportamento irresponsabile
Nelle motivazioni, i giudici hanno evidenziato come l’ex collaboratore sia stato protagonista di numerose violazioni comportamentali, ignorando le ripetute diffide ricevute. Un elemento determinante è stato il parere negativo espresso dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma e dalla Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, che hanno sottolineato la gravità dei comportamenti di Zuppardo, arrivando a mettere in dubbio la sua credibilità come testimone nei processi in corso.
Secondo i giudici, «i comportamenti disdicevoli evidenziati e documentati dai difensori degli imputati non contribuiscono a fornire un quadro di incontrovertibile serietà e credibilità al soggetto». La propensione al mendacio e gli atteggiamenti di prevaricazione hanno portato a ritenere la revoca del programma di protezione un atto necessario per preservare l’affidabilità del sistema di giustizia.
Protezione ordinaria per Zuppardo e i familiari più a rischio
Nonostante la revoca del programma speciale, il Tar ha precisato che Zuppardo e i suoi familiari continueranno a beneficiare, per un periodo di transizione, delle misure ordinarie di protezione, adeguate al livello di rischio, come previsto per tutti gli ex collaboratori di giustizia in fase di reinserimento.
Il comportamento di Zuppardo, già censurato dalla Dda, rischia di compromettere la tenuta delle sue dichiarazioni nei processi in corso, sollevando dubbi sulla sua attendibilità intrinseca. Una vicenda che pone l’attenzione sul delicato equilibrio tra la tutela dei collaboratori e la necessità di garantire serietà e correttezza all’interno del sistema giudiziario.