APRILIA – È durata circa due mesi l’attività illecita della 49enne di Aprilia, dipendente di una gioielleria, arrestata con l’accusa di furto pluriaggravato. Gli episodi, iniziati a ottobre, si sono conclusi nella mattinata del 31 dicembre, quando i Carabinieri del Reparto territoriale di Aprilia, allertati dal titolare dell’attività, l’hanno colta in flagranza di reato con preziosi per un valore di 60mila euro in suo possesso.
L’arresto e le accuse
La donna, difesa dall’avvocato Sandro Marcheselli, è comparsa ieri davanti al giudice Brenda, che ha convalidato l’arresto e confermato la misura cautelare degli arresti domiciliari fino al 18 febbraio, data della prossima udienza. Durante l’udienza, la difesa potrebbe optare per un rito alternativo, come il patteggiamento o il rito abbreviato, nel tentativo di ridurre la pena.
L’indagine ha rivelato che il valore complessivo dei gioielli sottratti ammonta a circa 180mila euro, suddivisi tra i 60mila euro trovati al momento dell’arresto e altri 120mila euro legati ai furti precedenti. Nonostante non fosse possibile procedere per flagranza per il secondo caso, la donna avrebbe accettato di unificare le accuse in un unico procedimento.
La scoperta del furto
Il titolare della gioielleria, Stefano Andolfi, aveva già notato ammanchi di preziosi negli ultimi mesi e aveva iniziato a monitorare attentamente l’attività della dipendente. La scoperta definitiva è avvenuta il 31 dicembre, quando ha richiesto l’intervento dei Carabinieri, trovando conferma dei suoi sospetti.
L’atteggiamento dell’imputata
Davanti al giudice, la 49enne è apparsa visibilmente scossa e avrebbe espresso l’intenzione di chiedere scusa al suo datore di lavoro, qualora le fosse consentito. Sul movente dei furti, la donna ha negato che l’intento fosse quello di finanziare acquisti di beni di lusso, come borse e scarpe firmate. Secondo quanto emerso, non avrebbe infatti venduto alcuno dei gioielli sottratti.
Prossimi sviluppi
L’udienza del 18 febbraio sarà cruciale per stabilire il destino giudiziario della donna, con la possibilità che si arrivi a una definizione alternativa del procedimento. La vicenda resta un episodio significativo per Aprilia, sollevando interrogativi sulla fiducia tra datori di lavoro e dipendenti, soprattutto in contesti sensibili come quello della vendita di beni di valore.